2 Novembre: Come ricordare i nostri defunti

31-10-2022

2 Novembre: Come ricordare i nostri defunti

Ogni anno con l’approssimarsi della commemorazione dei defunti, i cimiteri italiani vivono un momento di grande fermento, che trova eco e spazio anche nelle persone. Ma come incanaliamo e condividiamo questo fervore?

Ogni cultura e società ha ideato nel tempo un modo per ricordare e onorare i propri morti, quasi tutte hanno individuato e dedicato un giorno o un determinato periodo dell’anno a questa festività. In Italia il cimitero è il luogo per eccellenza per la commemorazione dei defunti; così, negli innumerevoli campi santi sparsi per la penisola, le settimane precedenti il 2 novembre sono particolarmente intense. Nel giorno dei morti, infatti, è consuetudine “andar per cimiteri” portando fiori e abbellimenti vari sulle tombe dei propri cari. La cura posta per questa ricorrenza è tale che si dice non esista periodo migliore per visitare i cimiteri. E se da un lato questa diceria ci conforta, perché significa che ancora si presta attenzione ai cari estinti, d’altro canto ci sconforta sapere che è l’unico periodo dell’anno in cui la comunità si ricorda di loro. Probabilmente questo è legato ancora una volta all’immenso tabù della morte, alla poca o nulla considerazione in cui viene tenuta e all’assenza di un dialogo costruttivo e vivo – eccezion fatta per le persone addette al settore (funerario e tanatologico).

La recente pandemia ha evidenziato le falle di questo atteggiamento: nascondere la morte come fosse polvere sotto il tappeto non ci impedirà di soffrire o di dover seppellire i nostri cari. La mancata celebrazione delle esequie funebri ha, invece, sottolineato non solo l’importanza del rito nella nostra cultura, ma anche quanto sia rilevante condividere quel momento. Come fa notare Byung-Chul Han in La scomparsa dei riti, una topologia del presente: «Nel rito funebre il lutto rappresenta un sentimento oggettivo, collettivo e impersonale. […] Nel rito funebre è la comunità il vero soggetto del lutto» perché i riti – prosegue Byung-Chul – sono come allestimenti corporei: gli ordini e i valori di una comunità vengono interiorizzati dal corpo, tanto che i riti creano una conoscenza e una memoria incarnate, un’identità incarnata.

Nella società attuale questa identità rituale rischia di venire meno, ma oltre alla visita cimiteriale – non sempre apprezzata da tutti – possiamo trovare nuove formule e nuovi riti per celebrare questo evento anche in una cerchia molto ristretta di persone. Anche il singolo può creare un personale rito funebre per coltivare la memoria e il dialogo coi propri defunti. Si può scegliere un luogo in casa (anche un angolino nascosto), un oggetto simbolico (le foto sono sicuramente le più gettonate) e con una certa cadenza si può concedere tempo e spazio a questa commemorazione casalinga.


Di Elisa Rubio Frost - Necrofora, tanatoesteta e consulente di Trigesima - Il Fiore del Ricordo

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